La maggioranza dei medici non ha sempre il tempo necessario per verificare se il suo paziente segue le cure prescritte.
Dall’indagine realizzata da Cittadinanzattiva è emerso che quasi un medico su tre ritiene di non aver tempo sufficiente da dedicare ai pazienti per assicurare l’aderenza alle terapie, solo la metà si accerta che il proprio assistito abbia compreso le indicazioni su terapie e percorso di cura e delle sue eventuali difficoltà economiche, più di uno su tre si dice oberato dal carico burocratico (ad esempio piani terapeutici).
L’indagine aveva il doppio obiettivo di rilevare l’esperienza dei professionisti rispetto al tempo e alla relazione di cura con il paziente e approfondire gli ambiti relativi alla prescrizione e all’uso dei farmaci, con particolare focus sui farmaci biologici biosimilari, anche in relazione al problema della cosiddetta continuità terapeutica. Fra i prescrittori di farmaci biologici e biosimilari, chi decide di cambiare la terapia al paziente lo fa, in un terzo dei casi, in libertà e autonomia e per rispondere meglio alle esigenze di cura e di successo delle terapie per il paziente; ma quasi uno su cinque (19%) dichiara di aver cambiato la terapia per rispondere ad esigenze di carattere amministrativo (sostenibilità del SSN, rispetto dei limiti fissati dalla Azienda ospedaliera o Asl).
Anche la comunicazione medico-paziente è risultato un ambito da migliorare.
Poco più di 1 medico su 2 si accerta con domande che il paziente abbia compreso tutto (55%), lascia suggerimenti scritti oltre alla prescrizione (54%). Meno prioritarie le informazioni su corretto stile di vita e regime alimentare (54%), su alternative terapeutiche o esistenza di farmaci equivalenti o biosimilari (rispettivamente 36% e 29% dei casi).
Infine circa un medico su due lascia il numero mobile personale (48%) o di servizio (37%), privilegiando ancora i “formali” canali di comunicazione, quali numero dell’ambulatorio (85%) o dello studio (59%). Lo strumento delle email è molto utilizzato (78%), whatsapp nel 35%.
Diabete Italia ha collaborato fin dalle prime fasi all'indagine intervenendo nella elaborazione del questionario e nella sua diffusione e ha preso parte alla conferenza stampa nel corso della quale sono stati presentati i risultati. Il 14% degli intervistati (totale 816) era diabetologo o endocrinologo.
"In una condizione cronica come il diabete, l'empowerment del paziente è assolutamente centrale. Il coinvolgimento del paziente nella scelta terapeutica è essenziale per favorire l’aderenza alle terapia, migliorare la cura e consolidare la relazione di fiducia medico-paziente, così come è stato confermato dall’indagine di Cittadinanzattiva. L'esperienza e la riflessione particolarmente approfondita di tutte le componenti di Diabete Italia: società scientifiche e Associazioni di pazienti, ci permette di confermare la centralità dell'ascolto del paziente e del dialogo terapeutico che deve avere importanza almeno pari agli aspetti burocratici e formali del processo di prescrizione", afferma Concetta Suraci, diabetologa e vicepresidente di Diabete Italia.
In allegato l'indagine completa di Cittadinanza Attiva e il Comunicato stampa.
Fonte Diabete Italia