I vaccini, è innegabile, hanno rivoluzionato il mondo della medicina. Se ad oggi patologie come poliomielite e vaiolo sono quasi del tutto sparite dalla circolazione il merito è certamente loro. Una lista che oggi potrebbe allungarsi e comprendere anche malattie più comuni. E’ questo il caso del diabete giovanile: il professor Lawrence Steinman, della Stanford University School of Medicine, ne avrebbe realizzato uno in grado di combattere la malattia. I risultati saranno pubblicati oggi dalla rivista Science Translational Medicine.
Il diabete giovanile – noto anche con il nome di diabete insulino-dipendente o di tipo 1 - è una patologia che colpisce prevalentemente i giovani. Secondo le ultime statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a soffrirne sarebbe circa il 3% della popolazione mondiale. A differenza del diabete di tipo 2, di gran lunga più diffuso e associato a scorretti stili di vita, quello giovanile appartiene alla categorie delle malattie autoimmuni. Le persone che ne soffrono subiscono la progressiva distruzione, ad opera del proprio sistema immunitario, delle cellule del pancreas che producono l’insulina. Ecco perché i malati sono costretti, per tutta la vita, a iniezioni di questo ormone per abbassare i livelli di glucosio nel sangue.
Ora però la cura potrebbe cambiare radicalmente. L’idea dei ricercatori statunitensi è stata quella di agire sul sistema immunitario, la causa del diabete giovanile. Una tendenza peraltro di moda come suggeriscono i sempre più numerosi studi che riguardano l’immunoterapia, un filone di ricerca che mira, regolando la risposta immunitaria, a combattere tumori e malattie degenerative.
La strategia per il diabete giovanile è molto semplice: spegnere la risposta immunitaria. Come spiega Lawrence Steinman all’ANSA, «si tratta di un vaccino al contrario, funziona uccidendo le cellule immunitarie impazzite che attaccano il pancreas». Un approccio differente dai classici vaccini usati per attivare il sistema immunitario.
Sperimentalmente si è visto, nello studio ad opera dei medici della Stanford University, che le persone vaccinate erano in grado di produrre più insulina rispetto a quelle non trattate. Non solo, le cellule “impazzite” che attaccano il pancreas risultavano numericamente molto inferiori. Steinman spiega che il vaccino «è stato testato su pazienti cui era stata fatta la diagnosi di diabete 1-3 anni prima». «Al momento –precisa lo scienziato- stiamo organizzando un trial clinico più grande su un maggior numero di pazienti dopo aver visto gli ottimi risultati sui primi 80». Uno step doveroso e necessario. Se i risultati confermassero questa tendenza saremmo di fronte ad una vera e propria rivoluzione: spegnere il sistema immunitario per impedire la distruzione delle cellule pancreatiche. Attenzione però alle false illusioni: i tempi necessari alla commercializzazione del possibile vaccino sono ancora molto lontani. Ma ancora più attenzione alla lettura frettolosa: l’eventuale cura è per il diabete giovanile, nulla a che vedere con la forma più diffusa al mondo, quello insulino-resistente.