Il diabete di tipo 1, detto anche diabete giovanile per la sua precoce insorgenza, è una patologia autoimmune che colpisce circa 250-300 mila italiani1. Si caratterizza per la mancata produzione di insulina da parte del pancreas e, per tutta la vita, richiede la somministrazione dell’ormone ai pazienti tramite iniezione sottocutanea.
"Il tasso di incidenza della malattia è in aumento; secondo studi relativi al Nord Italia, negli ultimi 20 anni si è registrato un +3,3% annuo", evidenzia Daniela Bruttomesso, Coordinatrice nazionale Gruppo di studio intersocietario Tecnologia e Diabete. "Nel nostro Paese la terapia insulinica con microinfusori è ancora poco diffusa. La impiegano solo poco più di 10.000 persone affette da diabete tipo 1. Pur in modo variabile tra le diverse Regioni, i dati sembrano comunque confermare una crescita costante di chi passa dalla terapia multi-iniettiva a quella con microinfusore; se però rapportiamo questi 10.000 pazienti alle 250-300.000 persone con diabete di tipo 1 presenti in Italia, realizziamo che solo il 3-4% segue questo tipo di terapia. Molto poco rispetto agli USA, dove circa il 40% delle persone con diabete tipo 1 è in terapia con microinfusore, e rispetto a Paesi quali Norvegia, Austria, Olanda e Svizzera, dove lo è quasi il 20%".
Negli ultimi anni, l’applicazione delle tecnologie emergenti ha rivoluzionato l’approccio al diabete tipo 1, con l’obiettivo di ottenere una gestione sempre più efficace e dinamica della terapia insulinica. L’arrivo della Patch Pump rappresenta un ulteriore progresso verso un trattamento davvero a misura di paziente.
"Rispetto ai microinfusori tradizionali, collegati al sito di infusione sulla cute attraverso un catetere di dimensioni variabili (60-100 cm), nelle pompe cerotto questo tubicino non è presente", spiega Paolo Di Bartolo, Direttore UO Diabetologia Provincia di Ravenna, Dipartimento Chirurgico A.U.S.L. della Romagna. "Il paziente, quindi, indosserà solo un Pod di pochi centimetri, che contiene batterie, micro pompa, ago cannula, cartuccia con insulina. Il tutto fissato al braccio o, in alternativa, a una gamba, all’addome oppure alla parte inferiore della schiena, attraverso un cerotto. Da ciò conseguirà una maggiore libertà e flessibilità per il paziente, una più serena gestione della terapia in ogni situazione, con un impatto verosimilmente favorevole sulla qualità di vita. Si può ipotizzare anche una possibile migliore adesione al trattamento stesso, da parte della persona diabetica".
Il Sistema mylife™ OmniPod®, nella sua semplicità, è composto solo da due elementi: il Pod (serbatoio) e il PDM Personal Diabetes Manager, un palmare per il comando da remoto, grande come un cellulare, che si può non indossare e svolge anche la funzione di suggeritore di bolo. Il piccolo Pod aderisce perfettamente alla cute, grazie a un resistente cerotto, e va sostituito ogni 3 giorni. Non avendo il catetere, la Patch Pump non necessita di essere scollegata dal corpo, a differenza di quanto accade con i microinfusori tradizionali. Il paziente, così, riceve insulina senza interruzioni, anche quando vuole fare il bagno, nuotare, praticare sport di contatto o vivere momenti di intimità. Ciò costituisce un importante vantaggio: un recente studio clinico, infatti, ha confermato che interrompere l'erogazione di insulina basale anche solo per 30 minuti determina un aumento significativo della glicemia2.
Grazie a queste caratteristiche, il microinfusore-cerotto risponde con particolare efficacia anche alle esigenze dettate dallo stile di vita dei soggetti in età pediatrica. "La terapia insulinica nei bambini e adolescenti è più complessa che negli adulti", sottolinea Giuseppe Lepore, Dirigente Medico USC Malattie Endocrine e Diabetologia, AO Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Responsabile Ambulatorio Tecnologia e Diabete. "Le dosi insuliniche sono proporzionali al peso, spesso si tratta di frazioni di unità, che non è possibile somministrare con la tradizionale terapia iniettiva. Non solo, poiché bambini e ragazzi variano molto l’attività fisica e assumono frequenti spuntini, per ottimizzare il loro compenso glicemico sarebbe necessario un numero elevato di iniezioni quotidiane, causa di forte disagio, soprattutto in pubblico. Il microinfusore può risolvere queste difficoltà: permette di infondere dosi minime d’insulina e praticare boli insulinici ad ogni spuntino, pasto o in caso di glicemie elevate, in maniera riservata e senza iniezioni. In particolare, i microinfusori di ultima generazione senza set d’infusione sono molto leggeri, garantiscono un’ottima portabilità e sicurezza, anche in occasione di attività sportive; inoltre, si possono applicare in posizioni meno visibili, risultando più discreti. Ciò favorisce una maggiore accettazione della terapia da parte dei giovani, permettendo una vita sociale più ricca e conforme ai loro molteplici impegni".
"Secondo i dati della letteratura e l’esperienza clinica, i soggetti in trattamento con microinfusione continua di insulina riportano migliore qualità di vita e maggior soddisfazione, rispetto alla modalità multi-iniettiva", dichiara Angela Girelli, Dirigente Medico UO Diabetologia per l’educazione e il trattamento della persona con diabete, Spedali Civili di Brescia. "Flessibilità della terapia, libertà negli orari, nell’alimentazione e senso di controllo della malattia sono gli elementi più frequentemente riferiti dalle persone ‘adatte’ alla terapia con microinfusore, che stabiliscono cioè un rapporto positivo con ‘la macchina’, vivendola come uno strumento per guidare meglio il diabete. Nel percorso di selezione e formazione del paziente alla microinfusione, fondamentale è coinvolgere quest’ultimo nella scelta dello strumento, per trovare quello più adatto ai suoi bisogni. Poter scegliere tra microinfusori ‘tradizionali’ e strumenti ‘patch’, che rimangono adesi al corpo, rappresenta un’ulteriore importante opzione per individuare il device più congeniale al singolo paziente".
"La persona con diabete tipo 1 non vive sotto una campana di vetro, è un attore sociale a pieno titolo con attività lavorativa, famiglia, relazioni e tempo libero", afferma Egidio Archero, Presidente FAND - Associazione Italiana Diabetici. "La tecnologia che aiuta a migliorare la qualità di vita è fondamentale. Più ci si libera da vincoli strumentali che impediscono i movimenti o evidenziano la condizione diabete – come il catetere, nel caso del microinfusore, una sorta di secondo cordone ombelicale – più si è liberi di interagire con la realtà circostante. Credo si possa ipotizzare un effetto positivo anche sull’equilibrio psicologico della persona, dovuto all’inserimento automatico e praticamente indolore della cannula morbida e alla semplicità d'uso dello strumento".
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