È stata annunciata come l’insulina più intelligente a nostra disposizione. Creata dai ricercatori del Children’s Hospital di Bostone del MIT, il cui studio è apparso ieri sulla rivista PNAS, essa è in grado di tenere sotto controllo la glicemia perché sensibile al livello ematico di glucosio.
Una promessa per il trattamento di pazienti con diabete di tipo 1, condizione causata dall’incapacità del pancreas di produrre insulina con il conseguente aumento del glucosio in circolo nel sangue, ma anche di una parte dei diabetici di tipo 2 sottoposti a terapia insulinica. Le oscillazioni dei valori dello zucchero nel sangue dipendono da molti fattori, come i pasti consumati e le attività svolte durante la giornata, e nell’individuo sano esse vengono impedite da un sistema di controllo raffinatissimo costantemente all’opera. Quando questo sistema non funziona più, come nel diabete, i pazienti possono assumere dell’insulina, stimandone la quantità necessaria ad evitare i picchi di ipoglicemia o di iperglicemia, entrambe dannose per l’organismo anche sul lungo periodo.
L’INSULINA “SMART”
La nuova insulina intelligente, chimicamente modificata, si chiama Ins-PBA-F edè frutto di una manipolazione dell’insulina basale, alla quale è stata aggiunta ad un’estremità una molecola che, quando il livello di glucosio aumenta, se ne distacca e, agendo come un grilletto che la libera, le permette di entrare in funzione. Testata su ghiotti topolini, una singola dose di Ins-PBA-F è stata in grado di intervenire ripetutamente e autonomamente fino a14 ore dall’iniezione. Inoltre, la sua opera di regolazione dello zucchero è stata tanto rapida e precisa quanto lo è il controllo eseguito dall’organismo in condizioni fisiologiche, in altre parole dall’insulina prodotta da un pancreas sano.
INTERESSA UN MALATO SU QUATTRO
«Se questi risultati, finora ottenuti sugli animali, venissero confermati,sarebbe una scoperta veramente promettente, alternativa al trapianto di pancreas e di interesse per un gran numero di pazienti, circa un milione di italiani, cioè un malato di diabete su quattro» ha commentato il professor Enzo Bonora, presidente della Società Italiana di Diabetologia e docente di endocrinologia dell’Università degli Studi di Verona. «Non dimentichiamo che il trattamento insulinico non riguarda soltanto i pazienti con diabete di tipo 1, che sono la minoranza, ma anche una parte (il 20%) di chi soffre di diabete di tipo 2».
I DATI
Nel nostro paese, i malati di diabete sono circa 4 milioni, più un altro milione di persone non diagnosticate, secondo i dati dell’Osservatorio ARNO che monitora le prestazioni sanitarie erogate a 12 milioni di italiani. «Il forte tasso di crescita del diabete è dovuto a molti fattori – spiega il presidente della Società Italiana di Diabetologia – tra cui la diffusione dell’obesità, l’invecchiamento della popolazione, la maggior sopravvivenza e l’anticipo dell’età della diagnosi grazie agli avanzamenti della medicina e l’aumento nel nostro paese di cittadini di altre etnie geneticamente predisposte, solo per citarne alcuni».
I TRATTAMENTI PRESENTI E FUTURI
L'insulina è l’ormone necessario per permettere al glucosio, il nostro carburante principale, di entrare nelle cellule. In caso di diabete, si possono somministrare insuline sintetiche da iniettare sottocute. L’insulino terapia è il primo trattamento antidiabetico, introdotto nel 1922, ed è ancora oggi la strada più seguita. Consiste nel fornire all’organismo le insuline sintetiche che possono essere ad azione rapida o rapidissima se prima dei pasti, o rallentate. Quanta sostanza iniettare dipenderà da una stima fatta dal paziente che non può che essere imprecisa. Inoltre, l’iniezione sottocute sovraespone inevitabilmente gli organi periferici e rischia di non apportare la giusta quantità di ormone al fegato. A risentirne è la normalizzazione della glicemia, ma questo limite è intrinseco della somministrazione periferica dell’insulina e quindi difficilmente superabile, a meno di non impiantare un catetere nella vena porta. «Con la nuova insulina prodotta a Boston, non si modifica l’assorbimento sottocute, ma si ovvierebbe a queste limitazioni perché imiterebbe l’azione di controllo svolta dal pancreas», commenta l’endocrinologo Bonora.
Comunque, la diabetologia ha fatto passi da gigante e allo studio oggi ci sono diverse possibilità di trattamento: «Dal trapianto di isole pancreatiche per ridare al paziente la possibilità di produrre insulina all’utilizzo delle staminali, fino al mini pancreas artificiale, un infusore dotato di algoritmo – che ancora necessita molti perfezionamenti - che in autonomia “decide” quanta insulina iniettare». Altre insuline intelligenti di ultima generazione sono sotto esame così come altri metodi di somministrazione. Ad esempio, sfruttando le nano tecnologie, l’insulina viene incapsulata all’interno di sensori, costituiti da gel di polimeri, capaci di aprirsi per rilasciarla a seconda delle condizioni ambientali e di richiudersi, trattenendola, in caso di glicemia in diminuzione.
«In Italia la ricerca in diabetologia è di qualità, negli ultimi 15 anni sono stati pubblicati oltre 3mila studi su riviste ad alto impatto – spiega il professore - Noi italiani ci confermiamo ai primi posti non solo per il numero di pubblicazioni ma anche per la loro importanza». Questo accade nonostante investimenti economici che definire modesti sembra un eufemismo. «Ogni ricercatore italiano ha a disposizione inmedia appena 8 mila euro l’anno. Basti pensare che i fondi di ateneo destinati alla ricerca in diabetologia, sommando tutte le università italiane, sono pari al finanziamento messo a disposizione dalla sola Società Italiana di Diabetologia» commenta amaro il suo Presidente. Eppure, cifre alla mano, il diabete ha raggiunto dimensioni tali da dover esser considerato un problema sociale.
NICLA PANCIERA - Milano
FONTE: LA STAMPA SALUTE